Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (detto anche Recovery Plan o Piano di rilancio) contiene, tra le altre cose, un esplicito riferimento all’Orientamento quale strumento indispensabile al cambiamento, sia in tutti i gradi dell’istruzione, sia nell’accesso e della permanenza nel mercato del lavoro. Con questo piano finalmente l’orientamento diventa una sorta di “disciplina” che può contribuire alla crescita delle giovani generazioni, senza sporadiche, superficiali e riduttive azioni attuate da persone non esperte.
Ad oggi infatti, spesso l’Orientamento dei ragazzi in uscita dalla scuola media si riduce ad un parere degli insegnanti basato sul voto più o meno alto in questa o quella materia, una pratica che non tiene conto né delle aspirazioni dei ragazzi, ne’ della relazione stretta che c’è tra motivazione allo studio e relazione interpersonale con il singolo insegnante. Diventa così oltremodo fuorviante per un giovane intraprendere un percorso di studi rispetto al quale non vede un’applicazione dei contenuti a sé stesso, ne’ ad una figura professionale in particolare, ma semplicemente perché gli è stato detto che “è portato verso quella singola materia”.
Noi adulti dovremmo sapere che una professione è qualcosa di più e di diverso che un insieme di materie accademiche e che identificarsi con una professione è un processo complesso che si struttura nel tempo e che chiama in causa elementi cognitivi e introspettivi.
Un altro criterio che ancora oggi trova spazio nell’orientamento” fai da te” è l’osservazione delle tendenze del momento: tanto per fare un esempio all’esplosione delle trasmissioni a tema culinario è corrisposta un’eguale esplosione di iscrizioni agli studi per diventare chef, salvo poi rendersi conto che l’impiego nella ristorazione è fatto di sacrifici, impegni nel we mentre tutti gli altri sono fuori a divertirsi. La realtà professionale odierna è così complessa, articolata, in evoluzione, necessitante di nuove e più evolute conoscenze e capacità, che pensare sia ancora possibile oggi trovare i match fra ciò che c’è e ciò che serve è a dir poco anacronistico, e porta tutti a rimanere con la testa e i ‘piedi’ ancorati al passato, al “si è sempre fatto così”.
Come genitori non abbiamo il dovere di dire ai nostri figli quel che devono fare, ma la grande responsabilità di permettere loro di essere ciò che sono, di seguire le loro inclinazioni, facendole emergere anche laddove sembra non ci siano.
L’Orientamento Scolastico è una disciplina scientifica, e come tutte le discipline scientifiche deve essere esercitata da persone competenti.
Con la legge n. 4 del 15 gennaio 2021, pubblicata sulla G.U. il 26 gennaio, l’Italia ha ratificato la “Convenzione n.190 sulla violenza e molestie sui luoghi di lavoro” della Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO).
La Convenzione prevede che la tematica della violenza fisica e psicologica e delle molestie entrerà di routine nella gestione dei rischi lavorativi.
Un successo dal punto di vista dell’evoluzione culturale e sociale del nostro Paese e uno stimolo per le Organizzazioni affinché attivino iniziative non solo per la tutela, quanto soprattutto per la prevenzione.
Prevenire significa creare condizioni ambientali favorevoli al rispetto reciproco, all’accettazione delle differenze di genere, ma anche di pensiero, di competenze, religiose e culturali. Per farlo non basta scriverlo sulle comunicazioni aziendali o sui muri degli uffici, occorre agevolare interazione, lo scambio, la comunicazione.
In generale la possibilità di poter conoscere i colleghi non solo per quello che producono, ma anche del come lo fanno, conoscere il loro pensiero, la loro interpretazione della realtà e la visione del futuro, aiutano a percepire l’altro più simile, diminuendo la diffidenza. Se parliamo poi di donne, permettere loro di esprimere una professionalità prima ancora che un aspetto, o un genere è il presupposto per colmare quel gap che separa i ruoli uomo-donna e che costituisce il terreno fertile per far immaginare a qualcuno di potersi trovare in una posizione dalla quale poter prendere o pretendere qualcosa.
Il rispetto per l’altro è una costruzione sociale e culturale, e questo indipendentemente che si tratti di interazione uomo-donna, uomo-uomo, donna-donna. Domandiamoci allora se la nostra Organizzazione agisce per garantire il rispetto reciproco indipendentemente dal genere. Forse ci troveremo a scoprire che questo non è sempre garantito, ci possono essere prevaricazioni, svalutazioni, emarginazioni; vengono create opportunità di crescita? C’è cura per il benessere psico-fisico delle persone? C’è attenzione per il così detto “work-life-balance”? Dare spazio ad azioni tese a raggiungere questi standard significa veicolare un messaggio chiaro sulla cura che l’Organizzazione ha per le persone, donne e uomini. Si tratta di principi che fanno dell’azienda un ambiente dove è bello lavorare.
Guarda la videoconferenza in collaborazione con lo Studio Petrali per saperne un pò di più su cosa significa Smartworking.
La "sindrome della Capanna"
Da qualche giorno girano su Internet articoli e post sulla cosiddetta: Sindrome della Capanna. Facciamo un po’ di chiarezza.
La Sindrome della Capanna, conosciuta anche come “Sindrome del Prigioniero”, in quanto sindrome si configura come una serie di sintomi di malessere, accompagnati da stress e ansia all'idea di uscire nuovamente di casa dopo un periodo protratto di isolamento e distanziamento sociale.
L’emergenza Covid-19, per l’eccezionalità dell’evento ha avuto – ed ha tutt’ora - effetti importanti e a volte sconvolgenti, nella vita delle persone: abbiamo dovuto riorganizzare la nostra quotidianità dai ritmi di vita: all’esigenza di nuove routine, abbiamo dovuto re-inventarci nello smart-working, imparare a tollerare l’isolamento sociale, alcuni di noi hanno dovuto improvvisarsi insegnanti ed educatori, per non parlare delle preoccupazioni legate al lavoro e ai risvolti economici del lock-down.
Nonostante tutte queste difficoltà, le persone si sono adattate nella consapevolezza che, rimanendo a casa, stavano contribuendo a fermare la diffusione del Covid-19. La casa è diventata un rifugio, capace di proteggerci dall'incertezza e dal pericolo del mondo esterno e dall'invisibile minaccia del virus. Le circostanze insolite del Lockdown sono quindi diventate una nuova “normalità". Per questo la Sindrome della Capanna può colpire coloro che hanno vissuto il Lockdown con insofferenza, così come chi è riuscito a cogliere il lato positivo del maggior tempo a disposizione.
I sintomi della Sindrome della Capanna da Covid-19 sono associati alla paura di non essere in grado di (o di non volere) adattarsi ai vincoli della fase 2, in cui si dovranno stabilire nuove e diverse abitudini, al di fuori del perimetro rassicurante della casa. E se sarà possibile ripristinare alcune delle precedenti consuetudini lavorative e quotidiane, vigerà contemporaneamente l’obbligo di rispettare nuovi vincoli determinati delle misure anti-contagio. Il ritorno alla quotidianità caratterizzata da una convivenza forzata con il Covid-19, può quindi rappresentare una nuova fonte di notevole stress e disagio.
I sintomi tipici della Sindrome della Capanna sono: Ansia, Tristezza, Angoscia, Mancanza di energia e di entusiasmo, calo della motivazione, Senso di solitudine e/o di essere senza speranza
Pur essendo una condizione di natura temporanea, è consigliabile tenere sotto controllo l’andamento dei sintomi in quanto, se protratti nel tempo (oltre i 20 giorni), possono trasformarsi in un disagio psicologico vero e proprio (stati di depressione e ansia fino ad attacchi di panico, insonnia).
Ovviamente, per persone che già soffrivano di ansia il pensiero di uscire di casa in situazione di incertezza (notizie di nuovi casi ogni giorno) può peggiorarne i sintomi
Sindrome della Capanna e “Cabin-Fever” (febbre da cabina) non sono la stessa cosa, quest’ultima infatti è la condizione psicologica che ha connotato le prime settimane di Lockdown, nelle quali si sono sperimentati disagi dovuti al confinamento domestico e alla limitazione dei movimenti ( Ansia e irrequietezza, Senso di irritabilità claustrofobica, Tristezza, angoscia, disperazione, Noia Mancanza di energia, Difficoltà di concentrazione, scarsa pazienza, insoddisfazione, perdita di motivazione, Senso di solitudine, insonnia e difficoltà al momento del risveglio, alimentazione disregolata e cambiamenti nel peso)
Nella Sindrome della Capanna generata dall’emergenza Covid-19, il genere di ansia che vivono le persone è più simile a una forma di ansia generalizzata, ansia per la salute e/o ansia sociale, collegata anche al fatto che per mesi le persone sono state esposte a informazioni forti e minacciose sulla pandemia, con notizie continue sui nuovi casi, sul numero di morti, resoconti sulle condizioni critiche dei sistemi sanitari e messaggi di allarme circa la possibilità di essere tutti portatori asintomatici del virus.
L'ansia di uscire di casa caratteristica della Sindrome della Capanna (differente dall’Agorafobia che è la paura di non riuscire a sfuggire a una situazione di disagio o ottenere assistenza alla comparsa di sintomi di panico) deriva quindi dalla paura del virus, delle sue implicazioni per la salute e dei cambiamenti che la fase 2 comporta.
Per fronteggiare la Sindrome della Capanna, innanzi tutto è fondamentale rassicurarsi sul fatto che si tratta di una risposta normale alla situazione attuale. Per iniziare è bene ridurre l’esposizione alle notizie sul Covid-19 per attenuare il senso di allarme e agitazione connesse alla pandemia. Inoltre la possibilità di parlare con qualcuno di come ci sentiamo è un modo per iniziare ad affrontare il problema: è possibile che altri stiano vivendo lo stesso genere di apprensione, questo può contribuire ad alleviare la tensione e ridurre il senso di solitudine.
Un ulteriore aiuto consiste nell’uscire con gradualità: iniziando con brevi commissioni, frequentando luoghi familiari e vicino casa. Passeggiare all'aria aperta è sicuramente utile in quanto favorisce una sensazione di benessere. Esercizi di respirazione profonda inoltre, sono utili a favorire il rilassamento psico-fisico e a prevenire crisi di ansia.
È importante riconoscere che questo periodo, dove ogni cosa ha perso la sua “normalità”, ha messo a dura prova la nostra resistenza psichica e sentirsi in difficoltà è del tutto normale. Ciononostante, se ansia, frustrazione, insonnia e irritabilità persistono nel tempo, è consigliabile ricercare l’aiuto di un professionista (psicologo, medico di base).